A.
TOMASELLI(*), S. PASTORE(*), P. AUGLIERA(**) & C. EVA(*) - 1992
SISMICITA' DELL'APPENNINO NORD-OCCIDENTALE
INDICE
Introduzione
Dati Geologici e Geofisici
Sismicita' crostale
Sismicita' subcrostale
Meccanismi focali
Discussione
RIASSUNTO
Una rete
temporanea, costituita da 6 stazioni, ha operato in Appennino Nord-Occidentale
dall'Agosto 1989 al Dicembre 1990. Cio' ha permesso di migliorare le conoscenze
sull'attivita' sismica di una parte dell'area continentale attraversata dal
profilo CROP1-1A. Gli eventi registrati durante la fase di acquisizione sono
prevalentemente di limitata energia (M<3.8) e la loro distribuzione presenta
interessanti correlazioni sia con gli elementi strutturali conosciuti che con
la sismicita' storica. La sismicita' attuale si distribuisce lungo direzioni
(*) Dipartimento di Scienze della Terra, sez.
Geofisica, Viale Benedetto XV, 5,
I-16132, Genova, Italy
(**) Gruppo Nazionale Difesa Terremoti - CNRsia
parallele che trasversali alla catena Appenninica. Inoltre viene confermata
l'esistenza di terremoti subcrostali (30km<H<70km). Le informazioni
raccolte con detta rete hanno permesso di effettuare una revisione sugli eventi
"profondi" verificatisi nel periodo 1986-1991. L'analisi di alcune
soluzioni focali evidenzia come in superficie prevalgano le faglie normali,
mentre i terremoti piu' profondi e piu' esterni rispetto alla catena presentano
caratteristiche compressive. Eventi subcrostali e caratteristiche di sorgente
sembrano ben correlarsi con dati di sismica attiva, nel quadro dei rapporti tra
la Placca del Basamento Toscano e l'Unita' Adriatica.
ABSTRACT
A temporary network of 6 stations
operated in North-Western Apennines in the period August 1989-Dicember 1990. This
allowed to improve the knowledge on seismic activity of the area that will be crossed by the profile CROP-01. In this
period only low energy events have been recorded (M<3.8). Their distribution
shows interesting correlations with structural elements, magnetic anomalies and
hystorical seismicity. On the surface, the present seismicity is located around
belts parallel and trasverse to the Apenninic chain. Moreover the local
network, confirmed the existence of subcrustal events (30km<H<70km). The
focal solutions, determined for 4 local shocks, indicate a change of stress
field with an increase of compressive character in deepest layers and on
external side of the chain. Subcrustal events and source characteristics show
good correlations with explosion seismology data and contribute to define
relations between the Tuscan Basement Microplate and the Adriatic Unit.
Parole chiave: Appennino Nord-Occidentale, sismicita',
terremoti profondi
Key words:
North-Western Apennines, seismicity, deep earthquakes
INTRODUZIONE
La
sismicita' dell'Appennino Settentrionale e' sufficientemente ben nota sia a
livello strumentale che storico. Ma, pur esistendo una discreta completezza di
catalogazione a livello temporale e dimensionale, molteplici lacune esistono
ancora sulla sua distribuzione spaziale, determinata dalla mancanza, almeno
sino all'ultimo decennio, di stazioni sismiche operanti con continuita' in
prossimita' dei centri sismici.
La
ripetitivita' nel tempo dei fenomeni sismici, evidenziata dal confronto tra
sismicita' storica e strumentale (Eva et 2alii1, 1990), rende possibile
utilizzare serie temporali limitate e complete di eventi ben localizzati per le
correlazioni sismotettoniche.
Come
mostrato da Bossolasco 2et alii1 (1973) che indicarono l'esistenza di
due fasce attive orientate NW-SE che accomunano le strutture appenniniche, le
anomalie gravimetriche e la sismicita', i maggiori terremoti si distribuiscono
lungo due bande di cui una comprendente le strutture distensive dell'Appennino
interno e l'altra quelle dei fronti appenninici padani.
Successivamente tramite l'analisi dei terremoti strumentali (Eva 2et
alii1, 1978; Boccaletti 2et alii1, 1985) fu ipotizzata l'esistenza
di allineamenti sismici trasversali alla catena appenninica, che sembrano
collegare le due fasce sismiche longitudinali, segmentando e svincolando
diversi settori dell'Appennino emerso.
La
revisione sistematica dei terremoti eseguita sia su base macrosismica (Meloni 2et
alii1, 1990) che strumentale (Cattaneo 2et alii1, 1986; Eva et 2alii1,
1992; Selvaggi & Amato, 1992) ha confermato l'esistenza di eventi sismici
"sub-crostali" con profondita' comprese fra 50 e 70km. Da cio' ne
consegue che la sismicita' dell'Appennino Nord-Occidentale interessa la quasi
totalita' della litosfera e per essa non appare lecita una differenziazione tra
eventi "crostali" e "sub-crostali". Tale suddivisione
infatti deriva solo da una definizione geometrica secondo cui per crosta si
intende quello strato che si trova al di sopra della Moho e che puo' perdere di
significativita' in questo settore appenninico in cui croste di diversa
pertinenza (Giese, 1985) vengono a sovrapporsi.
Percio' in
questa nota i terremoti ubicati al di sotto della Moho ligure (H>30km) per
differenziarli da quelli crostali verranno indicati come "profondi".
Obiettivo
del presente lavoro sara' quindi quello di verificare sulla base di una sistematica
revisione della sismicita' strumentale verificatasi nell'ultimo decennio,
l'esistenza di eventi profondi e di inquadrarli in un contesto geodinamico. Per
un miglioramento della definizione dei parametri focali ci si avvarra', la'
dove possibile, dei dati di reti sismiche temporanee operanti nella regione
(Cattaneo 2et alii1, 1989) utilizzando modelli di propagazione desunti
da un'analisi critica delle conoscenze attuali sulla zona. Tali dati quindi
verranno confrontati con quelli provenienti dalla revisione effettuata per il
periodo 1986-1991.
DATI GEOLOGICI E GEOFISICI
Geologicamente il tratto di Appennino in esame viene a trovarsi in
posizione adiacente alla propaggine settentrionale del Bacino Tirrenico , non
distante dalla zona in cui questo si sovrappone all'altro bacino del Mar Ligure
(quello di pertinenza mediterranea). Esso si spinge fino all'interno del Golfo
di Genova e la sua evoluzione e' determinata da una tettonica esclusivamente
disgiuntiva, iniziata nel Tortoniano. Il Tirreno Settentrionale ed il margine
orientale sono sede di attivita' neotettonica molto marcata non accompagnata da
attivita' sismica importante, fatta eccezione per una ristretta zona del
margine toscano presso Livorno (Fanucci 2et alii1, 1989). Il fronte delle deformazioni piu'
esterne (fronte sepolto appenninico-padano) coincide con i massimi
dell'anomalia aeromagnetica della pianura padana. In quest'area, il mancato
scollamento delle coperture dal basamento avrebbe bloccato il fronte in
posizioni arretrate (Castellarin 2et alii1., 1985). La struttura profonda di quest'area e'
parzialmente nota; infatti profili di sismica a rifrazione sono stati eseguiti
e interpretati a partire dal 1974. Il basamento viene definito con una
velocita' delle onde P in un intervallo di valori da 6.0 km/s a 6.4 km/s,
crescenti verso la pianura per profondita' da 4 a 7 km sotto il Mar Ligure, 3
km tra la costa e lo spartiacque tirrenico-padano, 10 km verso la Pianura
Padana (Morelli 2et alii1, 1977; Rhim 2et alii1, in stampa). Alla
Moho ligure vengono attribuite velocita' delle onde longitudinali da 7.4 km/s a
7.9 km/s e profondita' da 20 a 25 km sotto il mare a 20-35 km sotto il
continente (Morelli 2et alii1, 1977; Giese, 1985; Scarascia e
Maistrello, 1990; Buness e Giese, 1990; Rhim 2et alii1, in stampa). Alla
Moho Padana (Vp=8.2 km/s) vengono assegnate profondita' variabili tra 45 e 55
km e una immersione verso il mare (Scarascia e Maistrello, 1990; Ye e Ansorge,
1990; Buness e Giese, 1990). Il Basamento
Magnetico ha profondita' molto diverse dalla zona tirrenica a quella padana. La
profondita' del basamento varia da 2 a 5 km sotto il mare e il versante
tirrenico dell'Appennino e da 9 a 15 km sotto il versante padano. Verso
sud-ovest e' costituito da un insieme di alti strutturali che costituirebbero
il confine tra il Bacino Ligure e il Bacino di Viareggio (Tirreno
Settentrionale), caratterizzato, tra l'altro, da colmate sedimentarie di
notevole potenza (Cassano 2et alii1, 1986; Calcagno, 1990). Attualmente i movimenti di tipo
trascorrente dominano negli Appennini Settentrionali come mostrato in Eva 2et
alii1 (1990), ma una certa percentuale di terremoti reagisce a sforzi
locali (Suhadolc, 1990).
SISMICITA' CROSTALE
La
distribuzione della sismicita' degli ultimi anni e' sicuramente molto
affidabile per cio' che riguarda la qualita' delle localizzazioni, dato il
continuo miglioramento della fase di acquisizione dei dati. Per questo motivo
un campione di 6 anni di sismicita' recente (1986-1991), come quello i cui
volumi focali sono riportati in Fig.1, puo' essere considerato sufficiente a
descrivere i rapporti tra strutture crostali e sismicita'. Gli elementi
strutturali riportati in Fig.1 sono stati dedotti sia da dati aeromagnetici
(Cassano 2et alii1, 1986), sia da studi sismotettonici (Castellarin 2et
alii1, 1985): le linee che seguono una direzione NW-SE rappresentano il
limite settentrionale della zona in cui il basamento viene a trovarsi in
posizione piuttosto superficiale (circa 3km); le altre linee descrivono sia
elementi di discontinuita' magnetica che allineamenti sismici rilevati in
passato (cioe' la linea del Taro).
Dall'
esame di Fig.1 si puo' notare innanzitutto come attualmente i maggiori eventi
siano localizzati nell'estremo settore nord-orientale (zona sismica del
Parmense, M=5), mentre le aree piu' a sud (Lunigiana, Garfagnana e Borgotarese)
sono interessate da livelli piu' bassi di energia sismica. A conferma della
significativita' del campione in esame, inoltre, vengono confermati i principali
allineamenti: la direzione strutturale NW-SE, che sembra strettamente in
relazione con la morfologia del basamento, e gli elementi SW-NE (come quello
presso il Golfo di La Spezia e la linea del Taro), anch' essi in relazione con
elementi tettonici noti.
Per
migliorare le correlazioni tra sismicita' e strutture, la qualita' delle
localizzazioni puo' essere aumentata, specie per terremoti di bassa energia,
attraverso l''utilizzo di reti sismiche locali, cioe' con distanze
sufficientemente piccole fra le stazioni.
Nell'Agosto 1989 sono state percio' installate sei stazioni 'mobili',
equipaggiate con sismometri verticali a
corto periodo collegati a registratori a lunga durata. La rete temporanea ha
operato fino al 31 Dicembre 1990. La posizione delle stazioni (indicata in
Fig.3) e' stata scelta anche in funzione della distribuzione delle stazioni
della rete dell'Universita' di Genova (VEA e BVT) e di quella dell' Istituto
Nazionale di Geofisica (MME, BOB, PII, BDI). E' stata scelta una distanza media
fra le stazioni di 20km. La stazione VINC ha sostituito quella di PIAS durante
l'ultimo semestre di registrazioni e la rete ha registrato, in tutto, circa 400
eventi locali.
Per
aumentare ulteriormente l'affidabilita' dei dati, e' stato scelto con cura il
modello monodimensionale di propagazione delle onde sismiche, da cui anche
dipende la qualita' delle determinazioni ipocentrali.
In un
precedente lavoro (Augliera 2et alii1, 1992), mediante un'analisi sulla
distribuzione dei residui di tempo, era stata controllata la validita' di un
modello monodimensionale di velocita' delle onde sismiche, con una crosta a 2
strati e una Moho di tipo 'Ligure' a 25 km di profondita', con Vp=7.5km/s. Quel
modello (che abbiamo chiamato GAR) e' stato confrontato con altre due funzioni
di velocita': il modello denominato HER,
costituito da una crosta media a 4 strati con la Moho a 30 km di
profondita' e il modello ALE, ricavato dall'interpretazione di un profilo di
sismica a rifrazione (Fig. 2). Un'analisi dei parametri statistici delle
localizzazioni eseguite per un set di eventi di buona qualita', con i diversi
modelli, ha messo in evidenza la validita' del modello GAR, pur nei limiti
della procedura di calcolo adottata, almeno per la crosta superficiale interno
alla rete.
I
risultati ottenuti sembrano confermati da uno studio in corso di pubblicazione
(Tomaselli, in stampa) che riguarda la definizione di modelli tridimensionali
di velocita', mediante l'utilizzo della tecnica di Thurber (1983). In tale
studio, tra l'altro, vengono evidenziati livelli di inversione di velocita',
che si esterebbero anche al di sotto del massiccio metamorfico delle Alpi
Apuane.
La
sismicita' localizzata durante il periodo di funzionamento della rete,
utilizzando il modello GAR, e' rappresentata dalla mappa di Fig.3.
L'area e'
soggetta ad una attivita' sismica di bassa energia. Una certa attivita'
microsismica caratterizza anche la linea del Taro (tratteggiata in figura).
Alcune piccole scosse si sono verificate in mare al largo di Massa. Gli eventi
di magnitudo piu' elevata si sono verificati nella fascia compresa fra lo
spartiacque e il fronte sepolto (M=3.7-3.8); all'interno della rete e' stato
localizzato un terremoto di M=3.1 presso Pontremoli.
Per meglio
evidenziare le relazioni fra basamento e sismicita', e' stato eseguito un
confronto con i dati aeromagnetici. Nella mappa di fig. 4, oltre ai dati
magnetici, sono riportati i fronti (emerso e sepolto) della catena e le altre
unita' strutturali ( Castellarin 2et alii1, 1985; Cassano 2et alii1,
1986; Scandone, 1990). Il confronto mostra che la sismicita' del versante
tirrenico e' in gran parte confinata fra lo spartiacque e il limite delle
anomalie magnetiche associabili al basamento. E' interessante, tra l'altro,
notare come la zona con livelli ofiolitici risulti quasi totalmente asismica.
SISMICITA' SUBCROSTALE
Per gli
eventi del periodo 1986-1991 e' stato ulteriormente controllato il parametro
della profondita', dato che , fra quelli ipocentrali, risulta il piu' soggetto
ad incertezze.
Nel
presente lavoro sono stati sottoposti a una revisione gli eventi con
profondita' superiore a 30km. L'analisi e' stata condotta utilizzando sia i
dati della rete temporanea che quelli della rete dell'Universita' di Genova.
Si e' reso
necessario definire altri 2 modelli monodimensionali, con variazioni di
velocita' anche al di sotto di 30km; per definire le funzioni di velocita' ci
si e' avvalsi del profilo lungo la Geotraversa Europea (modelli EGT ed EG2 di
Fig. 2). Dopo una rilettura delle fasi e la ricerca di tutte le osservazioni
(anche provenienti da altre reti), gli eventi sono stati localizzati facendo
variare il modello (GAR, HER, ALE, EGT ed EG2) e, per ciascun modello, variando
alcuni parametri di ingresso come il numero di stazioni ed i pesi ad esse
assegnate nel programma di localizzazione Hypoellipse (Lahr, 1979). In tal modo
per ogni evento "profondo" si sono ottenute 15 localizzazioni.
Sono state
giudicate attendibili le profondita' di 9 eventi che risultano stabili al
variare dei parametri di ingresso (Tabella 1). In Fig. 5 un istogramma illustra
la distribuzione degli eventi in profondita' nel periodo 1986-1991, dopo la
revisione: l'attivita' sismica e' localizzata nei primi 20km di crosta; un
intervallo asismico e' collocato tra 40km e 50km, mentre si verifica un
incremento di attivita' sotto 50km.
La
sismicita' revisionata e' stata confrontata con i dati di sismica a rifrazione
proiettando su un profilo SW-NE (Fig.6) i fuochi degli eventi relativi ad una
fascia di 50 km di larghezza. Si e' accettato un errore statistico massimo di
2km per i terremoti con h<30km e di 5km per h>30km (dopo la verifica
della profondita'). I profili EGT e il
FAN WE-XE (Buness & Giese, 1990; Scarascia e Maistrello, 1989), sono quelli
che meglio si accordano con i nostri dati.
Come
mostrato dal FAN WE-XE i riflettori piu' superficiali si approfondiscono verso
Nord cosi' come i terremoti piu' superficiali registrati dalla rete temporanea;
l'insieme dei riflettori piu' profondi, al contrario, immerge verso sud e gli
eventi profondi sembrano con esso strettamente collegati.
Nell'ipotesi che i riflettori profondi individuino la Moho Padana
(Vp=8.2km/s), gli eventi sub-crostali analizzati ne seguono l'andamento,
essendo nettamente separati dai terremoti piu' superficiali giacenti al di
sopra della Moho Ligure ed in qualche relazione con l'isolinea del basamento.
Le
relazioni fra sismicita' e basamento sono evidenziate in Fig. 6 dal fatto che
lungo la superficie caratterizzata da una velocita' di 6.2km/s si addensa la
maggior parte degli eventi.
In questa
figura viene confermato che la Moho Ligure risulta il limite inferiore per gli
eventi superficiali (h<30km).
MECCANISMI FOCALI
Per
l'analisi dei meccanismi focali sono stati selezionati alcuni eventi
caratterizzati da un sufficiente numero di registrazioni di buona qualita',
allo scopo di ottenere sia letture affidabili dei versi dei primi arrivi che
una sufficiente copertura azimutale.
Sono stati
utilizzati i programmi di Reasenberg e Oppenheimer (1985) che consentono tra
l'altro una stima della distribuzione dei dati e dell'incertezza su strike, dip
e rake, in accordo con le convenzioni di Aki e Richards (1980).
Due delle
soluzioni analizzate sono composite per due serie di eventi verificatesi
rispettivamente nel Dicembre '89 (2.1<M<2.6) e il 25 Aprile '90
(1.5<M<2.4). La terza e' relativa ad una scossa superficiale vicino alla
costa di La Spezia (evento del 19/06/90). La realizzazione di tale soluzione
risulta fortemente vincolata dall'utilizzo delle stazioni della rete francese
in Corsica.
In Fig. 7
sono riportate le soluzioni ottenute. La serie di terremoti superficiali del
Magra (Dicembre '89, H=5km) puo' essere associata a una soluzione di tipo
distensivo, in accordo con i dati geologici, come le faglie dirette
cartografate nel Modello Strutturale d'Italia (Scandone, 1990). Il meccanismo
dell'evento al largo di La Spezia del 19/6/'90 (H=10km), anch'esso
superficiale, indica una trascorrenza con componente distensiva; la sequenza
della zona di spartiacque presso Sassorosso (LU) con profondita' di circa 10km
mostra un meccanismo di trascorrenza in cui prevale la componente compressiva;
per l'evento piu' profondo (H=70km) del 17/9/90 viene evidenziato un meccanismo
di faglia trascorrente, ancora con componente compressiva.
Da un
punto di vista sismotettonico viene percio' confermata, per questo settore
dell'Appennino, la predominanza, anche a scala locale, dei meccanismi di
trascorrenza (in accordo con Eva 2et alii1, 1990; Suhadolc, 1990).
Tuttavia i dati mostrano un aumento della componente compressiva con la
profondita' e verso l'esterno della catena. A questo riguardo e' significativa
la soluzione dell'evento a 70km di profondita' (l'unica di questa zona, per questo
livello di profondita'), il cui asse P risulta quasi orizzontale.
DISCUSSIONE
In
generale nel periodo 1986-1991 e' stata rilevata una sismicita' diffusa, di
bassa energia, in una regione dove comunque l'attivita' sismica storica e' di
rilevante importanza (ad es., Garfagnana, 1920, I=IX). La microsismicita'
registrata non si discosta dall'andamento spaziale rilevato in passato: riguarda soprattutto i fronti sismici
paralleli di direzione NW- SE ( uno lungo il versante tirrenico dell'Appennino,
l'altro tra fronte emerso e fronte sepolto della catena) e il collegamento
trasversale della Val di Taro. Alcune piccole scosse superficiali interessano
il Mar Tirreno Settentrionale, al largo di Massa e Livorno. Gli eventi si distribuiscono in piccola
parte anche in profondita' fino a livelli finora ritenuti asismici per questa
regione. Essi tuttavia restano confinati al di sopra dei 70km e non interessano
la totalita' della zona veloce che e' stata rivelata dai dati di tomografia
telesismica (Cattaneo & Eva, 1990) e che risulta estendersi almeno fino a
200km. Nell'interpretare questi
dati occorre tenere conto, percio', anche della distinzione che risulta dai
dati di sismica attiva fra Moho Ligure e Moho Padana (Buness 2et alii1,
1990); inoltre, forti differenze nella velocita' delle onde P e, soprattutto,
nella profondita', permettono anche di distinguere un basamento piu'
superficiale Ligure-Toscano rispetto a quello piu' profondo Padano-Adriatico. Da un punto di vista geodinamico,
e' necessario premettere che in questa regione gli avvenimenti tettonici si
svolgono lontano dalle zone di produzione di nuova crosta; tutto il sistema
reagisce percio', a sforzi che riguardano complessivamente i rapporti fra le
placche Europea ed Africana. In
questo senso, gia' McKenzie (1972) riconobbe che qualche caratteristica della
deformazione recente tra le masse continentali di Africa ed Eurasia potrebbe
essere descritta in termini di moto relativo tra serie di piccole placche
relativamente rigide. L'area di cui e' stata analizzata la sismicita', infatti,
comprende un settore dell'ampio margine in deformazione della microplacca
Adriatica (Anderson e Jackson, 1987; Mantovani 2et alii1, 1992). Il
limite di quest'ultima, che qui e' rappresentata dall'ulteriore frammentazione
padana, potrebbe essere posto in corrispondenza del salto di profondita' del
basamento, dove variano, tra l'altro, anche le caratteristiche di sismicita.' L'Appennino Settentrionale si
collocherebbe quindi, in superficie, al confine fra l'unita' Padano-Adriatica
(di pertinenza africana) e una microplacca Ligure-Toscana (la "Tuscan
Basement Plate" di Roeder, 1990); quest'ultima comprenderebbe una crosta
sottile, un segmento di Moho che immerge dolcemente verso nord, e da 3 a 5Km di
materiale del mantello. Tale unita' verrebbe a trovarsi sovrapposta a quella
Adriatica. In Fig.7 viene modellata
schematicamente la struttura profonda dell'area in base ai dati di sismicita',
integrati dalle conoscenze geofisiche e geologiche. La sismicita' superficiale
si distribuisce soprattutto nei sedimenti ed in minor misura nel basamento,
lungo le faglie normali del versante tirrenico e quelle inverse del versante
padano. Per cio' che riguarda i terrenoti "profondi", la possibile
interpretazione che ne deriva e' che una debole fase compressiva attuale, fra
le due unita' Padana e Ligure-Toscana, renderebbe tuttora attivo un sottile
blocco crostale, immergente verso SW, attualmente sede di terremoti di bassa
energia (in accordo con i risultati di Selvaggi e Amato, 1992). Il fatto che il
blocco sia attivo solo in superficie e la circostanza per la quale gli eventi
sono caratterizzati da un basso livello di energia, potrebbero essere dovuti
alla posizione dell'Appennino Nord-Occidentale nel quadro geodinamico,
abbastanza distante dal confine principale tra placca Africana ed Euroasiatica.
In questo ambito, tra l'altro, le trascorrenze osservate ben si accorderebbero
con la rotazione antioraria del sistema appenninico che e' stata evidenziata da
Anderson e Jackson (1987) e che si realizzerebbe proprio mediante lo
scorrimento reciproco di singoli blocchi.
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